ASIA/MYANMAR – La schiavitù delle bambine Rohingya
Yangon (Agenzia Fides) – Lo scorso mese di ottobre l’Esercito birmano ha messo in moto una operazione militare nello Stato di Rajine, nel Myanmar settentrionale, in seguito ad un attacco contro un posto di frontiera nella regione che ha causato la morte di nove agenti. Da allora, oltre 100 mila Rohingya sono fuggiti verso Bangladesh, Malesia e Tailandia. I rohingya, di fede musulmana, vivono nel nord della Birmania, sono oltre 1 milione e, nonostante si tratti di un gruppo originario del Rajine sono considerati immigranti illegali che arrivano dal Bangladesh. La stragrande maggioranza dei birmani sono buddisti e di etnia burma.
In questo scenario si colloca il dramma delle bambine rohingya, che sono costrette a fuggire per non essere rapite e vendute come spose. Recentemente, l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Diritti Umani ha accusato l’Esercito Birmano di crimini atroci contro la popolazione rohingya, da stupri di massa all’esecuzione di neonati. In Malesia, dove la maggioranza della popolazione è musulmana, è consentito il matrimonio infantile. Secondo la legislazione del Paese, le giovani con meno di 16 anni possono contrarre matrimonio legale sempre e in presenza del permesso di un tribunale islamico. Tuttavia, nel caso dei matrimoni tra rohingya non esiste nessun tipo di tribunale dato che vengono celebrati in forma extragiudiziaria da iman rohingya senza alcuna autorizzazione e, anche se viene rilasciato un certificato, si tratta di un documento che la legge malese non riconosce.