“Siamo scioccati ma stiamo bene, grazie a Dio. Anche se l’ultimo attentato è avvenuto nelle vicinanze dell’Ambasciata, trovandomi al suo interno non ho subito nessuna conseguenza. Le suore, a differenza di quanto accade a me, sono molto piú esposte, perché vivono in quartieri popolari e senza alcun tipo di protezione. È vero che sono qui per fare del bene e sono benvolute dalla popolazione, ma il problema è che potrebbero diventare l’obiettivo di un attacco da un momento all’altro”. È la testimonianza inviata da Kabul all’Agenzia Fides da padre Giovanni Scalese, missionario Barnabita, titolare della Missio sui iuris dell’Afghanistan, a seguito del doppio attacco suicida che, nella giornata di lunedì 30 aprile, ha ucciso più di 25 persone, tra cui nove giornalisti, provocando anche un altissimo numero di feriti. L’ISIS ha rivendicato la responsabilità degli attacchi.
Il primo bombardamento, avvenuto intorno alle 8:00 ora locale nella zona di Shashdarak, vicino a diverse istituzioni governative e al quartier generale della NATO, ha avuto l’obiettivo di attirare i reporter, colpiti poi da un secondo kamikaze che, fingendosi un operatore della comunicazione, si è fatto saltare in aria 20 minuti dopo. “I giornalisti, che sono testimoni di quanto avviene, naturalmente sono un obiettivo privilegiato dei terroristi. Ma ciò che maggiormente colpisce è la malvagità dell’azione: provocare un’esplosione, attendere che si radunino i soccorritori, i giornalisti e le forze di polizia, e poi provocare un’altra esplosione. Queste non sono azioni militari, sono crimini contro l’umanità”, rileva p. Scalese.
Solo un mese fa era stato proprio il Barnabita ad inviare dall’Afghanistan parole di speranza, evidenziando i segnali positivi giunti nel mese di febbraio, quando i talebani hanno dichiarato di essere pronti ad avviare negoziati con gli Stati Uniti e quando Ashraf Ghani, presidente afghano, ha fatto una proposta di accordo di pace con gli stessi talebani. Oggi p. Scalese afferma: “È evidente che l’inserimento dell’ISIS nella guerra afghana è il segno che c’è chi non vuole che si possa giungere a un accordo tra governo e talebani. L’ISIS è un corpo estraneo all’Afghanistan, appositamente creato per seminare terrore, senza alcuna altra logica che non sia la destabilizzazione fine a se stessa. I talebani hanno una diversa filosofia. Nel comunicato con cui hanno annunciato l’inizio dell’offensiva di primavera, hanno scritto: ‘Una speciale attenzione dovrà essere data alla protezione della vita e dei beni della popolazione civile, per cui dovranno essere adottate tutte le misure cautelative al momento di attaccare gli obiettivi prescelti’”.
In Afghanistan, la presenza cattolica fu ammessa a inizio Novecento come semplice assistenza spirituale all’interno dell’Ambasciata italiana a Kabul, elevata a Missio sui iuris nel 2002 da Giovanni Paolo II. Oggi la missione, affidata al barnabita padre Giovanni Scalese, continua ad aver base nella struttura diplomatica. Nella capitale afghana sono presenti anche le suore Madre Teresa di Calcutta e l’Associazione intercongregazionale Pro Bambini di Kabul. (Agenzia Fides 2/5/2018)